La colazione del palermitano!
Quale palermitano non ha mai stretto tra le mani un fumante panino con le panelle? La colazione più tipica e tradizionale per noi palermitani è proprio il pane e panelle.
La friggitoria, fissa o ambulante, è, per il palermitano e per il turista, il luogo di ritrovo tradizionale dove consumare un frugale pranzo o una sostanziosa colazione.
Non solo panelle e crocchè! I prodotti tipici della friggitoria sono le quaglie di melanzane; calamari e cicireddu (piccoli pesciolini); broccoli (cavolfiore), cardi e carciofi in pastella; arancine; sfincione; pasta al forno; sformati di riso e grattò (gateau di patate).
Un legame che dura da dieci secoli: Palermo e le panelle. Le hanno inventate i Saraceni che dominarono l’isola dal IX al XI secolo. La loro versione era costituita semplicemente da un impasto di farina e acqua cotta sul fuoco; non era certamente una leccornia, ma i Palermitani, golosi e pieni d’inventiva, l’hanno trasformata nel sublime piatto conosciuto ormai in tutto il mondo.
Acqua, farina di ceci e prezzemolo … una mano esperta … un padellone … ed ecco fatto !
I panellai spalmano l’impasto bollente su tavolette di legno di faggio quadrate o rotonde sulle quali sono incise delle sagome floreali. Secondo quanto riportato dal Pitrè, anticamente venivano usati disegni diversi, soprattutto pesci, per tale motivo le panelle venivano anche chiamate pisci paneddi.
La ricetta per farle in casa …
I cazzilli
I cazzilli non sono altro che crocchette di patate con le quali vengono farciti i classici panini, ma per il viaggiatore, il piacere di averle mangiate a Palermo, immersi nei colori e nelle voci di un antico mercato o di un rione popolare, davanti ad una friggitoria che sprigiona aromi e profumi antichi e nuovi, non sarà mai dimenticato!
La ricetta per farle in casa …
I residui degli impasti di panelle e crocchè vengono raschiati (da qui il termine) dalle pentole e utilizzati per preparare delle crocchette fritte. Oggi non si trovano quasi più, ma un tempo erano molto diffuse perchè, nell’economia povera del popolino, rispecchiavano da un lato la necessità di riutilizzare anche gli scarti per il venditore e dall’altro, per il loro basso costo, la possibilità di essere accessibili anche a coloro che non potevavo permettersi i prodotti primari della friggitoria.
Non parliamo degli uccelletti nudi e spennacchiati che troviamo ben allineati nei vassoietti dei supermercati e delle macellerie, ma di melanzane fritte intere che a Palermo hanno una loro storia e un’origine ben precisa. Nelle cucine della ricca aristocrazia barocca i monsù cucinavano le quaglie (gli uccelletti) per i loro signori, mentre la servitù, non disponendo dei mezzi necessari per comprare cacciagione e cibi prelibati, usava le poche risorse di cui disponeva per reinventarsi i piatti dei nobili.
Nacquero così le melanzane a quaglia: si preparano intere, lasciando il gambo che ricorda vagamente il collo dell’omonimo pennuto, e praticando dei tagli verticali a simulare il corpo e le ali.