Santa Lucia pani vurria, pani nu nn’hauiu, accussì mi staiu
Santa Lucia pane vorrei, pane non ho, così (digiuno) mi sto
In Sicilia c’è sempre stata una grande devozione per Santa Lucia, fin da quando, nel lontano 1646, durante una grave carestia, la Santa fece il miracolo e una nave carica di frumento arrivò in porto. Ci sono due versioni della storia, una ambientata a Siracusa, città di origine di Santa Lucia e una ambientata a Palermo. Comunque sia, il popolo, Palermitano o Siracusano, stremato dalla fame, non perse tempo a macinare il grano, lo cucinarono così e lo mangiarono condito solo con olio.
Da allora, per devozione, nel giorno di Santa Lucia, in molte zone della Sicilia, tra cui Palermo, non si mangiano pane e pasta, ma si cucina il grano intero.
In passato era una vera e propria devozione, si mangiava il grano bollito da solo o con altri legumi, condito semplicemente con olio. In alcuni paesi, si distribuiva questa zuppa a parenti e vicini.
Oggi a Palermo, nel giorno di Santa Lucia la cucina è un trionfo di manicaretti luculliani che nulla hanno più a che vedere con l’antica devozione se non il divieto di mangiare pane e pasta per rimpizzarsi di leccornie di ogni tipo: cuccia, timballi e sformati di riso e di patate, panelle, crocchè, arancine dai più svariati ripieni, persino al cioccolato!
L’importante è non mangiare pane e pasta, cibi quindi fatti con la farina, cioè con il grano macinato, per rispettare la tradizione di quel giorno lontano in cui il grano si cucinò intero. Per il resto il Siciliano non ha limiti: riso, patate, farina di ceci, tutto è ammesso per trasformare, come sempre, una devozione religiosa in una grande abbuffata!